Variante Omicron: il ritorno allo smartworking

Secondo un sondaggio Ipsos, ben 5 milioni di italiani tornano in smartworking a seguito del dilagarsi della variante omicron: un lockdown più soft ma a tutti gli effetti.
Variante Omicron

Secondo un sondaggio Ipsos, ben 5.5 milioni di italiani tornano in smartworking a seguito del dilagarsi della variante omicron: un lockdown più soft ma a tutti gli effetti.

Dal pubblico al privato, lo smartworking torna ad essere la soluzione più quotata per cercare di frenare l’ondata infettiva causata dalla Variante Omicron.

Infatti, a causa della Variante Omicron non solo aumenta il numero delle persone in smart working, ma questo si fa anche molto più intenso rispetto ai mesi scorsi. Complice il fatto di aver già appreso il potenziale offerto dalla modalità da remoto.

Smartworking consumi e variante omicron: i settori che ne risentiranno maggiormente

Al contempo, in parallelo alla scelta di ricorrere allo smartworking, i consumi degli italiani crollano. Come per la prima ondata, a pagarne di questa situazione sono nuovamente i settori del commercio ed il turismo. Quello che emerge, è infatti una drastica riduzione non solo negli spostamenti, ma anche gli acquisti e soprattutto la frequentazione di bar e ristoranti. Il 32% ha rinunciato a fare un viaggio o ha disdetto una vacanza già prenotata. E un altro 32%, ha evitato o ridotto gli acquisti nei negozi per timore degli assembramenti. Nello specifico infatti, nelle ultime due settimane, ben il 51% dei consumatori ha ridotto o addirittura evitato la frequentazione di locali, bar o ristoranti, pubblici esercizi.

I dati condivisi da Ipsos

Sulla base dei dati raccolti da Ipsos con la recente ricerca (fonte: Stampa), su un campione di 800 italiani, il 48% dei datori di lavoro nel privato, ha optato di proseguire ricorrendo allo smart working, prevede di tornarci o di attivarlo a breve. Tradotto, si tratta di circa 5,5 milioni di lavoratori, vale a dire:

  • il 15% si approccia per la prima volta al lavoro a distanza;
  • l’11% – oltre 600mila persone – lavora solamente da remoto;
  • il 24% lavora in presenza per un massimo di un paio di volte a settimana;
  • il 16% lavora in forma ibrida, con la presenza in ufficio per tre-quattro volte una settimana.

Più che prevedibile quindi che tutto questo avrà un impatto negativo sui consumi. Secondo le stime condivise da  Confesercenti, si parlerebbe di 850 milioni di euro al mese di minori consumi.

«Purtroppo è innegabile che per tantissime imprese di fatto si sia già tornati in zona rossa: l’aumento dei contagi ha creato un clima di sfiducia che sta rallentando fino quasi allo stop i consumi delle famiglie. Un problema soprattutto per le piccole e piccolissime imprese italiane del turismo, della ristorazione, del commercio e dei servizi […] Attività di prossimità, spesso a conduzione familiare o poco più strutturate, che già faticano a tenere aperto perché hanno gli organici dimezzati da quarantene e contagi e non hanno la forza lavoro per sostituire i dipendenti».

dichiarazione rilasciata alla Stampa Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti.
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