Robot e lavoro: rischio licenziamento per 7 milioni di italiani

Per i prossimi anni il binomio robot e lavoro sarà sempre più evidente e all’ordine del giorno. Purtroppo però, circa 7 milioni di lavoratori italiani, rischieranno di perdere il posto di lavoro perché sostituiti dalle macchine.

La prospettiva di lavoro dei prossimi anni per circa 7 milioni di italiani è messa a dura prova a causa dell’incremento d’uso di robot. In particolare tale situazione ricadrà maggiormente sugli uomini, particolarmente esposti all’automazione dei processi produttivi. Ma non solo. Infatti, di tale fenomeno ne risentiranno anche gli addetti alla contabilità o alle consegne, i centralinisti, i portieri, chi opera nell’assemblaggio e nella logistica, i cassieri e le cassiere. In altri termini, per tutte quelle attività in cui si svolgono prevalentemente funzioni routinaria manuali e/o cognitive e c’è poco spazio per la percezione, la manipolazione, l’intelligenza creativa e quella sociale.

L’automazione del lavoro: uno studio

Inoltre, per la prima volta, lo studio scientificoRischi di automazione delle occupazioni: una stima per l’Italia”, sviluppato da tre economisti: (Mariasole Bannò, dell’Università di Brescia, Sandro Trento ed Emilia Filippi dell’Università di Trento) e pubblicato sull’ultimo numero della rivista Stato e Mercato del Mulino, stima che saranno 800 le professioni che verranno automatizzate.

I tre studiosi hanno ipotizzato due possibili scenari:

  1. occupation-based approach: in questo caso, tutte le professioni dove che evidenziano attività particolarmente automatizzabili sono a rischio di sostituzione. Questo, scenario più pessimistico, prevede un ricambio del 33,2% dei lavoratori italiani, per un totale di 7,12 milioni di persone;
  2. task-based approach: in questo secondo caso, vengono considerate solo le attività lavorative che verranno automatizzate. Meno saranno le attività da svolgere e meno persone saranno necessarie per quel tipo di lavoro. Ad ogni modo, si parla del 18,1% degli italiani, l’equivalente di 3,87 milioni di addetti.

Nello specifico, a pesare sul crescente rischio di automazione, vi sono diversi fattori, quali:

  • le dimensioni aziendali;
  • la presenza del “capitalismo familiare” che tende a contenere i cambiamenti e pone molta attenzione ai dipendenti;
  • vincoli normativi nella regolazione del mercato del lavoro.

Fattori che ad ogni modo, «fanno sì che l’automazione effettiva in Italia sia probabilmente minore di quella potenziale».

Gli effetti della robotizzazione: una distinzione di genere

Ad ogni modo, a prescindere dai fattori, è evidente che astrattamente, sono più gli uomini coloro ad essere più a rischio licenziamento a causa delle nuove tecnologie:

«Potrebbe essere dovuta al fatto che in Italia l’occupazione femminile è maggiore in settori nei quali meno elevato è l’impiego di robot e di altri macchinari di automazione; si pensi ai servizi di cura della persona, alla sanità e ai comparti dell’industria come l’agroalimentare nei quali maggiore è la presenza femminile»

 Bannò, Filippi e Trento

Secondo il recente studio, i settore in cui si dovrebbe verificare una minore probabilità di automazione sono quelli del management e della finanza, le quali richiedono un livello di istruzione elevato e sono caratterizzate da una quota rilevante di compiti “strettamente umani” (creatività, adattamento, gestione delle relazioni interpersonali, formazione, influenza, collaborazione con altre persone).

Robot e lavoro: l’istruzione ci salverà?

C’è da dire che l’istruzione è il fattore che alza le difese contro la minaccia all’automazione. Ovvio che non è un elemento assolutista. Infatti, ci sono professioni che necessitano un basso livello di istruzione, che ricevono bassi salati, ma che al contempo presentano una bassa probabilità di automazione. E’ questo il caso di fotografi, sarti, idraulici, parrucchieri e camerieri.

Cosa fare per ridurre l’aggressione dai robot?

Cosa fare per proteggere e tutelare l’aggressione dei robot? Tra le varie possibilità potrebbero esserci quelle di:

  • aumentare le opportunità di impiego nei settori in cui è difficile sostituire l’attività umana. E’ questo il caso dei servizi alla persone, turismo, sanità, istruzione;
  • incentivare startup tecnologiche;
  • rendere conveniente il lavoro umano rivendendo la tassazione del lavoro e il cuneo fiscale.
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