Ricercatori italiani, stipendi bassi e carriera difficile: lo studio

“The Attractiveness of European Higher Education Systems: A comparative Analysis of Faculty Remuneration and Career Paths”. È questo il nome dello studio condotto dall’Università della California-Berkeley nel quale sono emersi i risultati sugli stipendi dei ricercatori italiani ed europei. I dati non fanno di certo esultare gli accademici del Bel Paese che, ancora una volta, si trovano ben al di sotto dei colleghi di altri Stati.

La differenza degli stipendi dei ricercatori, gli italiani prendono meno

L’Università della California-Berkley, nella sua ricerca, ha preso in esame i quattro Paesi che rappresentano “i mercati più ampi nel mondo accademico europeo”, Italia, Francia, Regno Unito e Germania. Lo studio non si è limitato ad analizzare gli stipendi dei ricercatori italiani ed esteri, ma anche altre caratteristiche del lavoro accademico.

I risultati non sono confortanti e in qualche modo confermano quello che già si sapeva. In Italia un ricercatore percepisce molto meno di un suo collega tedesco e inglese. I 28.256 euro che guadagna un italiano vengono surclassati dai 49.168 euro del Regno Unito, dai 50.006 dei tedeschi in Renania Settentrionale-Vestfalia e dai 52.689 euro percepiti in Baviera.

Numeri che non lasciano grande spazio alle interpretazioni, la differenza è eclatante e in qualche modo giustifica la famosa fuga di cervelli tra i ricercatori. Con l’avanzamento, spesso difficile, di carriera la situazione non cambia, in Italia un Professore Associato percepisce in media 40.988 euro, contro i 69.385 euro di un Senior Lecturer, i 44.552 euro di un Maitre de conférences, i 69.328 euro di un bavarese e i 70.333 euro di un Professore Associato di Renania.

Se poi qualche fortunato riesce a farsi spazio nel mondo accademico e a diventare Professore Ordinario, che cosa accade? Nessuna sorpresa, lo stipendio in Italia rimane sempre molto più basso rispetto a Germania e Gran Bretagna.

L’avanzamento di carriera

Se già i dati relativi agli stipendi dei ricercatori italiani non sono di certo confortanti, lo sono ancor meno quelli relativi all’avanzamento di carriera. Sempre dai risultati emersi dallo studio, in Gran Bretagna il numero di under 40 presenti nel mondo accademico è cresciuto del 3,5%, mentre in Germania del 7%.

E In Italia? Nel Bel Paese il numero è calato drasticamente del 28%, mettendo in luce come la situazione sia diametralmente opposta rispetto agli altri Stati forti. Questo è sicuramente causato dalla mancanza di programmi e modelli attrattivi non solo per gli italiani, ma anche per i talenti stranieri.

L’età media di un Professore Associato nello Stivale è in media pari a 52 anni, contro i 47 dei colleghi tedeschi, dei 43 di quelli del Regno Unito e dei 34 di quelli francesi. Fare carriera è difficile, è un percorso lungo che spesso scoraggia in partenza i ricercatori italiani.

Appare chiaro che per preservare i talenti, evitando la loro dispersione, sia necessario attuare nuove politiche e nuovi programmi ad hoc. Il lavoro accademico deve tornare a essere appetibile, e non un lusso di chi può vivere con uno stipendio basso e nel precariato.

A volte prendere spunto dalle misure adottate all’estero non è per forza un male, e a giudicare dai risultati di questa ricerca forse sarebbe il caso di farlo.

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