Diversity e i gap da colmare nelle aziende: cosa dice la ricerca

Secondo una ricerca per le aziende la diversity non è ancora una priorità, e a riprova di questo ci sono i numeri e le statistiche. Nonostante queste capiscano l’importanza dell’inclusione e dichiarino di volerla favorire, nel pratico poi questo non accade, i gap da colmare nelle aziende sono ancora molti.

La ricerca “Future of Work”

Che la diversity sia uno dei punti chiave del presente e del futuro per quanto riguarda il mondo del lavoro è una cosa su cui tutti concordano. Quello che però è emerso dalla ricerca “Future of Work” di Inaz è che in pochi sono allineati con il cambiamento.

L’indagine è stata diretta su un campione di un centinaio di HR director di varie aziende del bel paese. Secondo i dati emersi ben 6 aziende su 10 non hanno alcun piano di azione mentre 2 su 10 non ritengono nemmeno importante la problematica.

Appare chiaro che tra i buoni propositi e la loro messa in pratica ci sia ancora molta strada da fare, nonostante sia necessario allinearsi con gli altri stati forti del Vecchio Continente.

Diversità e inclusione sono tematiche urgenti, almeno secondo l’84 per cento degli intervistati, soprattutto per una questione etica. Se si va però a indagare sull’apporto che queste potrebbero portare in termini di business, ben presto si può notare che la percentuale cala drasticamente.

Solo il 50 per cento ragiona sull’impatto economico che potrebbe avere un piano ragionato, sono ancora meno (il 42 per cento) quelli che pensano ai vantaggi in termini di fiducia da parte dell’ambiente finanziario.

Insomma, se da un lato quasi tutti sono concordi che un piano sulla diversity sia necessario ai fini etici, dall’altro sono in pochi quelli che pensano di poterne trarre vantaggio.

Considerato il periodo storico in cui viviamo, liquido, ricco di cambiamenti e in continua evoluzione, è poco lungimirante pensare che la staticità aziendale possa rappresentare la crescita futura.

I gap nelle aziende sono ancora da colmare, lo dimostrano i dati e lo dimostra la situazione di molti lavoratori insoddisfatti nel luogo in cui svolgono la loro professione.

I gap da colmare nelle aziende

Diversità, inclusione, macro temi che possono racchiudere dentro di sé un mondo che per molti è ancora inesplorato. Che cosa intendiamo quando parliamo di gap da colmare nelle aziende?

Partiamo con il primo tra tutti, ovvero quello di genere. L’Italia si è classificata al 63esimo posto nella graduatoria stilata da Global Gender Gap Index, un risultato che di certo non può soddisfare gli addetti ai lavori.

Checché se ne dica, un maggior impiego da parte delle donne aumenterebbe il PIL italiano, le stime parlano di cifre importanti che variano tra l’8 per cento e il 12 per cento.

Nonostante questo, soprattutto nei ruoli di vertice, la componente femminile spesso manca a riprova che la disparità di genere è ancora tanto, troppo, alta.

E ancora, non solo le posizioni più alte sono occupate molto più spesso da uomini ma esiste ancora, nel 2023, una grande differenza di salario. Un fatto indubbiamente retrogrado e molto poco attuale.

Dietro a queste differenze ci sono sicuramente anni e anni di retaggi, epoche intere in cui la svalutazione di un genere ha consentito l’affermazione dell’altro svantaggiando il progresso generale del Paese.

Ora, anche grazie ai molteplici movimenti che sono nati negli ultimi anni, la problematica è stata messa in luce. Non ci sono più scuse apparentemente valide per continuare a viaggiare su questo trend.

Diversità e inclusione

I gap da colmare nelle aziende non riguardano solamente le differenze di genere, le diversità da includere sono molte e tutte hanno la stessa importanza.

Partiamo dalla disabilità, su cui spesso vengono spese belle parole da capitani d’industria, vertici d’azienda e via dicendo, ma che poi nel concreto difficilmente si ritrovano ad avere piani ad hoc ad essi dedicati.

E ancora, possiamo proseguire con l’orientamento sessuale e i pochi programmi LGBTQ friendly pensati e poi messi a disposizione. Il mondo aziendale è ancora oggi ricco di tabù e di pregiudizi, e spesso ci si incappa senza nemmeno accorgersene.

Si potrebbe poi continuare ulteriormente ma il succo del discorso è abbastanza chiaro: se le aziende italiane vogliono colmare il gap con quelle di altri stati esteri devono iniziare a prevedere piani d’inclusione.

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La Generazione Z e l’azienda

Se fino a qualche anno fa tematiche come queste sono state sottovalutate, ora non è più possibile farlo. La Generazione Z cresce con ideali diversi e molto più radicati.

Per questo motivo chiederà di più in termini d’inclusione e di diversità, potrebbe essere lei l’ago della bilancia della questione e i vertici dovranno agire in merito.

Il rischio è quello d’incappare in uno scontro generazionale mai visto prima, nel quale a confronto ci sono due modi di pensare diametralmente opposti. A rappresentare il futuro ci saranno giovani consapevoli di quale sia il mondo che li circonda.

Le aziende dovranno far trovare loro un ambiente positivo, aperto alle diversità e fertile per la loro crescita. Solo in questo modo l’economia potrà trattenere le giovani menti evitando la loro dispersione all’estero.

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